“Appunto, la tua, non la nostra”
“È dei miei figli che si sta parlando, ed i-”
“Aah, e qui ti volevo io: I TUOI FIGLI!” Carlisle buttò le braccia al cielo in segno di esasperazione, lasciando Esme sorpresa e confusa.
“I tuoi figli, eh?”
“Sì, è quello che ho detto!”
“Ora sono soltanto i tuoi. Mi fa piacere saperlo, dal momento che non manchi mai di rinfacciarmi il fatto che sia io quello che, solitamente, fa di queste distinzioni” Carlisle gesticolò sul “mai” e sull' “io” per enfatizzare.
“Carlisle...” Esme scosse la testa e sospirò.
“No Esme, hai ragione tu. Non importa che tuo figlio, il tuo preferito-”
“Io non ho preferen-”
“Oh, invece sì che ce le hai – non importa che tuo figlio, Edward, voglia seguire le mie di orme: spostalo pure ad un liceo qualsiasi, togliendolo da un prestigioso collegio”
La voce di Esme ora era talmente alta che avrebbe potuto infrangere cristalli. “Vorrei ricordarti che anche io ho studiato in un liceo qualsiasi, eppure guarda chi sono diventata”
“Ed io vorrei ricordarti che tu, sei divent....-mhhh.” Carlisle si morse la lingua per evitare di finire la frase.
“Che io cosa?”
Carlisle guardò altrove.
“Che IO COSA, Carlisle?”
Carlisle continuò a guardare altrove e sospirò.
“Che io sono diventata chi sono per quale motivo, eh?” Il suo tono scese quasi fino a rompersi.
“Lo sai benissimo, Esme”
“No, no che non lo so: illuminami, Carlisle”
“Non eri nessuno, Esme. Non avevi il becco di un quattrino. Eri una qualsiasi ragazza talentuosa che non aveva nessuna possibilità di emergere al di sopra degli altri e distinguersi in mezzo a tutta quella concorrenza. Se...”
“Se, cosa?...”
“Se non fosse stato per il tuo ex marito, la sua posizione, i suoi soldi Esme, tu oggi-”
“Non ci posso credere, non ci posso credere, non ci posso credere!” Esme scuoteva la testa mentre ripeteva ancora e ancora questa frase mormorando, tenendo le mani giunte, come in segno di preghiera, avanti la bocca.
“Il posto dove mandiamo a studiare i nostri figli, Esme, conta. Non conta soltanto cosa e come studiano”
Esme aveva continuato a mormorare tra sé e sé, dando le spalle a Carlisle quando, di scatto, si voltò ed aggiunse ad alta voce “Ah no! Io ti dimostrerò che hai torto, Carlisle Cullen: tirerò fuori Edward ed Alice da quel collegio, come ti ho già detto mesi fa”
~oOoOoOoOo~
I primi mesi nella nuova villa e della nuova vita dei Cullen erano stati tutto fuorché l'irreale disegno di perfezione che Esme aveva progettato nella sua mente.
Differentemente dai suoi sofisticati lavori che l'avevano resa nota a tutto il mondo come guru nel suo campo, questo non era qualcosa che poteva pianificare sul tavolo da disegno o con qualche costoso programma da architetto.
Presto si sarebbe resa conto di quanto questo potesse essere vero.
Come anche Carlisle avrebbe appreso che non tutto poteva essere reso lineare e patinato con un bisturi e del botulino.
Quel giorno, tuttavia, non era ancora venuto.
~oOoOoOoOo~
A fine estate, Emmett, Rosalie e Jasper erano a cavallo delle loro esercitazioni per i test d'ammissione, mentre Alice ed Edward si apprestavano ad affrontare il loro, rispettivamente, ultimo e penultimo anno di liceo.
Mettendo da parte per sempre la divisa del collegio.
Nonostante Esme avesse accolto l'evento come una sua vincita, non poteva lontanamente immaginare cosa stesse per accadere nella sua vita.
Ingranata la vita studentesca al Liceo Statale di Forchette, superati con successo i test di ammissione alla Bocconi e al Politecnico di Milano, la rutine che i rampolli di casa Cullen avevano intrapreso durante gli ultimi mesi subì un significativo cambiamento.
I più grandi erano fuori tutta la settimana, dividendo un lussuoso loft in affitto in pieno centro di Milano, ricongiungendosi, solitamente, col resto della famiglia soltanto nei week-end.
Spesso, invece, proprio i più piccoli li raggiungevano per immergersi a pieno nella movida Milanese.
Separarsi fisicamente quando avevano appena fatto chiarezza nella loro relazione non era stato facile per Alice e Jasper e, stranamente, riuscivano ad avere più privacy per i loro momenti di intimità proprio quando erano a Forchette.
I week-end a Milano erano una full immersion di 48 ore tra musica a tutto volume, alcool e ragazzate in casa, in macchina o in giro per i club più esclusivi.
La situazione, a quel punto, era diventata ancora più strana anche per Edward e Tanya.
Quando lei scendeva a trovarli, voleva vedere sia lui che Rosalie che, a sua volta, non vedeva l'ora di scarrozzarsela in giro per tutti i locali in cui, ormai, era di casa.
Tanya a Milano per Rosalie era uguale a Edward a Milano per scopare. Rosalie a Milano per la movida era uguale a Emmett a Milano per Rosalie. Con Rosalie, Edward ed Emmett a Milano, nonostante il loft, per quanto fosse spazioso, avesse pochi posti letto, Alice e Jasper si trovavano sotto degli ambigui riflettori nel caso in cui decidessero di essere gli unici due a restare a Forchette nel week-end.
Si trattava di scegliere tra il divertimento ed il sesso.
Per Edward non c'era alcuna differenza. Lui non aveva problemi ad inzuppare il suo biscotto nella tazza di latte di Tanya sul divano nell'area giorno nel loft, davanti a tutti.
Probabilmente anche i suoi consanguinei ci si sarebbero fatti una risata sopra o due... Era una cosa di famiglia.
I gemelli e Tanya... erano decisamente meno d'accordo.
~oOoOoOoOo~
Toc- toc – toc
“Occupato!” disse Tanya dalla toilette del loft.
“Apri, sono io” rispose Edward, parlando a voce bassa.
“Edward, che vuoi? Sto... facendo... ehm...”
“Quanto tempo ti ci vuole per... urinare?”
“Un attimo...”
“Sbrigati”
“Pff.... Ecco: fatto” Tanya aprì la porta, pronta ad uscire, ma non fece in tempo ad aprirla completamente, che Edward la spinse nuovamente all'interno della toilette e la chiuse a chiave.
“Edward, che-”
Lui le tappò la bocca con la mano “Shhh...” e prese a baciarla sul collo, per poi lasciar scivolare la sua calda mano lungo il corpo di lei.
Improvvisamente, afferrò l'elastico dei suoi slip da sotto la gonna e glieli sfilò.
“Dai, Edward...” protestò debolmente lei.
“E dai tu... Sono quasi due settimane che non lo facciamo...”
“Ma qui, nel bagno?” la sua voce tremava, come tremava il suo corpo che subiva la dolce tortura delle dita di Edward che invadevano le sue parti più intime.
“E dove preferisci andare, di là nel salotto?” la sua di voce era profonda e rauca.
“N-no, no...”
“Lo sai che Emmett si sente a disagio a lasciarmi la sua stanza... Jasper, hah!,” scosse la testa, incredulo “se ne sta chiuso tutto il tempo ad ascoltare i classici di Mozart con Alice che chatta con le sue amiche... E... mmmmh...”
“Ummmh....”
“E, dal momento che tu non vuoi chiedere alla tua Rose-”
“No, t-te l'ho già... detto... Ed- AAHHH!”
Edward mascherò il lamento di lei coprendole la bocca con la sua, mentre la penetrò con un movimento lesto e deciso.
Continuarono a condividere respiri, mugolii e grugniti con le loro labbra siglillate durante i pochi minuti che l'occasione concesse loro.
Minuti durante i quali Edward, che non era noto per la sua delicatezza in certe situazioni, fu più rude e veloce del solito.
~oOoOoOoOo~
Durante la loro settimana fuori sede, Emmett, con la sua esuberanza, rendeva la vita impossibile agli algidi gemelli.
Jasper si era sciolto ultimamente ma, non appena la distanza fra lui ed Alice si apriva, ecco che il vecchio Jazz, schivo e serioso, riprendeva possesso della sua persona.
Rosalie era la solita snob e si sentiva in competizione con la maggior parte delle sue colleghe: pensava che, al mondo, non potesse esserci amica più perfetta per lei di Tanya e, dando questo per scontato, non dava chance a nessun'altra di avvicinarsi a lei oltre un certo limite.
Emmett... ed i suoi amici. Quelli che frequentava in Svizzera, quelli che si era fatto in facoltà... Era pieno di amici, perché era fin troppo facile stringere amicizia con lui.
Inoltre, la sua fama da festaiolo, oltre a quella dei soldi e del potere della sua famiglia, lo precedeva ovunque e le persone lo cercavano, bramavano la sua compagnia.
Sapevano che, con lui, avrebbero sempre trovato un modo per divertirsi, scorciatoie, scappatoie e soluzioni ad ogni tipo di imprevisto.
Così, anche il loro loft, grazie a lui, era un bel via-vai di studenti che non studiavano.
Chissà come, ma lui, tra una risata ed una bevuta, riusciva a studiare ed ottenere ottimi risultati comunque, senza dover ricorrere a strane polveri magiche...
~oOoOoOoOo~
“BHUASUHAUHAUHAUHASUH!!!!”
“AAAAAAHHH, Sììììììì HAHAHAHAHAHAAH!”
“EEE-”
“Shhhhh!”
“No, dicevo, ti....”
Urla, risate e i bassi dello stereo riverberavano attraverso le mura.
Toc- toc- toc
“Rose?”
“Ah, sei tu, Jazz... Entra”
“Volevo informarti che sto andando a studiare in biblioteca. Per caso... ti serve qualcosa?”
“Del silenzio”
“Come non detto” disse lui, congedandosi e chiudendosi la porta di Rose alle spalle.
Jasper esitò di fronte alla porta di Emmett, decidendo, infine, di uscire senza dirgli nulla.
D'altronde, era per causa sua che era costretto ad andarsene.
“HAAHAHHAAHHAAH! NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! NON CI CREDO!”
“Sì! TI DICO CHE È ANDATA COSì!”
“BHUASUHADUHSAUHAS!”
“Basta. Non. Ce. La. Faccio. Più.” digrignò Rosalie, passandosi le mani tra i capelli, gesto che non era solita fare.
Evitava il più delle volte di toccarsi il viso o i capelli, per non sporcarli e non rovinarsi la messa in piega.
Aveva veramente raggiunto il limite della sua già piccola pazienza e si alzò per andare a dirgliene due.
Una volta fuori dalla sua porta, che tremava per la potenza del subwoofer, fece un sospiro profondo, si sistemò la camicia appiattendola con le mani ed entrò senza bussare.
I gemelli avevano la stessa filosofia riguardo chi, per primo, mancava di rispetto agli altri: doveva essere ricambiato con la sua stessa carta.
Peccato che a Rosalie, quella volta, sarebbe convenuto fare uno strappo alla loro regola.
Non appena aprì la porta, allungò la mano verso il pulsante di spegnimento dello stereo, poi urlò “ORA MI AVET-” ma non fece in tempo a finire la sua frase, perché i resti del cheeseburger di Demetrio, uno degli amici di Emmett, volarono dritti dritti sulla sua testa.
Tutto improvvisamente si fermò.
Per qualche secondo interminabile, gli unici rumori che si sentirono furono il deglutire nervoso di Demetrio e l' “Azz...” sommesso di Felice, altro compagno di sventura di Emmett.
Secondi durante i quali il volto di Rosalie cambiò almeno 5 volte colorito, sfoggiando gradazioni dal rosso al viola; i suoi occhi violacei fiammeggiarono quando pronunciò con tono glaciale:
“MI. HAI. GETTATO. CIBO. NEI. CAPELLI.”
Emmett allora commise l'imperdonabile errore di essere il primo a lasciarsi andare in una prorompente risata isterica, che trascinò nuovamente il resto dei suoi amici.
La povera Rosalie, mortificata, girò i tacchi senza neanche potersi concedere la possibilità di esporre i motivi che l'avevano portata nel Colosseo dei panini volanti.
A dir la verità Emmett non aveva riso di lei, ma la situazione... dovevate starci, era veramente comica.
“Dai ragazzi... pulite questo porcile” disse Emmett.
“Cazzo figa, Emmett: non sono venuto qui per ripulire la tua stanza...” rispose Felice.
“No, certamente” lo sbeffeggiò Emmett “Siete venuti qui per sporcarla” scosse la testa, guardandoli entrambi. “Avanti, datevi da fare e poi levate le tende, che devo studiare!”
Lasciati i suoi amici ad occuparsi del casino, andò a scusarsi con Rosalie, ma trovò la sua stanza vuota.
Si guardò attorno e, sotto al volume dell'impianto stereo che i suoi amici avevano appena riacceso, riuscì a sentire l'acqua della doccia scorrere.
Voleva bussare... perché voleva scusarsi subito, non voleva che lei pensasse che lui l'avesse derisa, non voleva che si sentisse più umiliata di quello che già era stata, ma, soprattutto, voleva stringerla tra le sue braccia e baciarle la testa, sussurrandole parole dolci.
Ma non poteva.
Motivo fondamentale che lo portava a fare casino con gli amici la maggior parte del tempo.
Emmett non era abituato ad avere sotto gli occhi l'oggetto dei suoi desideri e contemporaneamente comportarsi come una bestia.
Era veramente un bel ragazzo: alto, muscoloso ed atletico, con un fisico scolpito da anni di pesistica e football, lucidi capelli neri, occhi cerulei e limpidi ed un sorriso tenerissimo contornato da delle innocentissime fossette.
Grandi mani e grandi braccia dentro le quali ogni ragazza avrebbe voluto perdersi.
Nessuna gli aveva mai detto di no: Emmett era un gigante sexy e buono.
Molto buono.
Ed ora stava male; perché, per la prima volta, qualcuna lo aveva rifiutato, senza offrire un motivo che lui ritenesse valido.
Lei non gli aveva mai detto cose tipo 'non sei il mio tipo ', ' mi piacciono biondi ', ' mi piacciono stronzi ', ' mi piacciono algidi quanto me '.
Niente di tutto questo.
L'unica scusa che lei era stata in grado di offrire era riguardo il matrimonio tra i loro genitori ed il fatto che ora portassero tutti lo stesso cognome, come dei veri fratelli.
Gli aveva detto che non gli piaceva? No.
Gli aveva detto che lo trovasse antipatico? No.
Allora... anche lei provava qualcosa per lui? A questa domanda, Emmett non sapeva darsi una risposta certa, ma proprio per questo non aveva ancora abbandonato la speranza.
Emmett rientrò nella sua stanza e spense lo stereo.
“Ue, alùra!” protestò Demetrio, pronto a continuare.
Lo sguardo truce di Emmett, tuttavia, gli fece subito cambiare idea.
Scopa, sacco della spazzatura e Mocio, nel giro di mezz'ora i tre, sorprendentemente, riuscirono a riportare la stanza al suo stato iniziale.
Finite le pulizie, Felice e Demetrio si buttarono nuovamente, come due sacchi di patate, sui puff, ma Emmett aveva altri piani.
“No,” rise “voi non avete capito: SMAMMARE!” accentuò il concetto con un chiaro gesto della mano.
I due grugnirono ma afferrarono il messaggio, decidendosi ad abbandonare il campo.
“Ad ogni modo pensaci, Emmett” disse Felice, sulla porta.
“Mh?”
“Alla mia proposta... abbiamo una bella squadra di rugby da queste parti” rispose, dandogli una potente pacca sulla spalla, che Emmett contraccambiò sovrappensiero.
“Alla mia proposta... abbiamo una bella squadra di rugby da queste parti” rispose, dandogli una potente pacca sulla spalla, che Emmett contraccambiò sovrappensiero.
“Beh... ci penserò, dai. A domani, ragazzi”
“Te saludii, Emmett”
“Bèla” risposero e, in un attimo, furono fuori dal loft.
Improvvisamente, la casa era immersa nel silenzio e, per quanto lui desiderasse scusarsi con Rosalie, immaginando che ora fosse tornata a studiare, la lasciò stare e prese anche lui i suoi libri.
Qualche ora più tardi, Jasper non era ancora tornato dalla biblioteca, ma Emmett era ignaro del fatto che lui non fosse neanche in casa.
Sapeva che i gemelli, soprattutto Rosalie, andavano pazzi per il sushi e si diresse verso il mobile all'ingresso, dove tenevano il telefono e le rubriche.
Tirò fuori il bigliettino del loro solito sushi bar ed ordinò vari menu per tutti e tre.
Quando il ragazzo delle consegne suonò al citofono, Rosalie era già in cucina, pronta a mettersi ai fornelli.
Lui, senza dirle niente, scese a prendere l'ordinazione, cogliendola totalmente di sorpresa quando riaprì la porta introducendo vaschette intere piene delle leccornie che lei più adorava.
Emmett le appoggiò sulla mensola, preparò la tavola per tre sotto gli occhi increduli di lei e, infine, le estrasse la sedia, invitandola ad accomodarsi.
“Mi dispiace, Rose... Lo so che sono un animale”
“Esatto Emmett, sei uno scimmione” disse lei, interrompendo l'incantesimo, tutto d'un tratto, prendendo la sedia dalle mani di lui e sedendosi senza tante cerimonie.
Emmett deglutì, si schiarì la voce e chiamò “Jazz!”
“Jasper è uscito”
Lui aggrottò la fronte “Quando?”
“Quando tu insieme ai tuoi amici Gorilla e Scimpanzè eravate troppo occupati a saltare da una liana all'altra” rispose lei, senza neanche degnarlo di uno sguardo, occupandosi con le bacchette e la salsa wasabi.
“Chiaro...” annuì lui, sedendosi e cominciando a servirsi.
Rosalie passava i suoi springroll sopra al wasabi come patatine sul ketchup ed Emmett la osservava incuriosito.
“Non so come fai a mandare giù quella roba”
“Sai, riesco a mandare giù anche di peggio, per esempio te ”
“Ok, ho capito” rispose Emmett parlando tra sé e sé, tirando un sospiro di rassegnazione e cercando, inutilmente, di concentrarsi solo sulla cena.
Quando Rosalie ebbe finito, si alzò dal tavolo, ripose il piatto e bicchiere nella lavastoviglie e sparì in camera sua, per riapparire pochi secondi più tardi.
Quando rientrò in cucina, posò sul tavolo delle banconote.
“Ecco: questi sono per la parte mia e di Jazz, poi me li ridarà lu-”
Emmett si alzò bruscamente dal tavolo, il suo volto una maschera di imbarazzo e confusione.
“Rosalie...” la guardò sconcertato.
“Non bastano?” fece per tirare fuori altri soldi, ma lui la fermò.
“Volevo scusarmi per come mi sono comportato oggi. So che faccio casino tutti i giorni e che non basterebbe offrirvi tutte le cene del mondo, ma...” scosse la testa, in cerca di parole migliori, più efficaci.
Poggiò entrambe le mani sul tavolo, spostando in avanti il suo peso, tenendo la testa bassa.
“Mi dispiace Rose. Per tutto. Perché non sono come tu vorresti. Non è un bel momento per me; sto cercando di fare del mio meglio, ma riesco solo a fare del mio peggio... Probabilmente ho sbagliato a dividere il loft con voi...” alzò la testa di nuovo, per guardarla “Con te. Riprenditi quei soldi” disse guardando altrove “e chiedi scusa a Jasper da parte mia. Buonanotte”
Rosalie non avrebbe voluto ascoltare quelle parole e, ora più che mai, sapeva che qualcosa doveva cambiare.
A/N:
Heylà Eddie, sempre il solito cavaliere eh? Non ti smentisci mai ;)
Tenere insieme racconti per tutte le coppie è una faticaccia. Non l'avevo previsto perché, quando ho immaginato questa storia ho pensato alle vicende di Edward/Bella e a mettere in mezzo anche gli altri, ma perché il modo in cui io vedevo i membri della famiglia Cullen umanizzati a modo mio era... esilarante.
Lo ideai agli inizi dei miei approcci con le fanfictions, quindi di storie AH non ne avevo ancora lette.
Non vedo l'ora di arrivare a descrivere la prima parte che ideai di questa “fantasia” che nacque per puro caso.
Non so ancora come farò ad inserirla in mezzo al racconto ma... spero bene.
Devo dire che questo è il primo capitolo che ho scritto in mesi. Tutti i capitoli precedenti, come vi avevo già detto, li ho scritti mesi fa e mi sono presa il mio tempo per correggerli, guardandoli con più distacco e riuscendo ad essere più autocritica.
Questo è stato scritto e corretto in meno tempo e temo che possa contenere più errori o che possa essermi allontanata dallo stile originale che avevo intrapreso.
Beh, se il cambiamento si rivelasse in una mia “maturazione”, che ben venga!
Spero di riuscire ad ultimare presto anche il nuovo capitolo di Erase/Rewind, l'altra fic in italiano.
Penso di tornare ad aggiornare anche la mia fic in inglese. Ho visto che qualcuno l'ha aggiunta alle sue preferite su una delle community nelle quali è pubblicata... Finalmente è piaciuta a qualcuno!
Visto che siamo in tema di 'lingue'... io non sono milanese: spero di non aver fatto un uso improprio dei termini, perché i nostri Felice e Demetrio amano parlare in dialetto!
Fate i buoni (come dice un certo spot) e commentate dolcemente :)